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Una nuova agenda europea per il commercio internazionale

La Presidente von der Leyen lo aveva inserito nel programma del suo quinquennio fin dallo scorso novembre e la crisi globale ne ha accelerato i tempi. Annunciato a fine maggio, contemporanea-mente all’uscita del pacchetto di misure di sostegno finanziario (Next Generation EU), il capitolo della riforma della politica commerciale, avviato da una recente consultazione della Commissione, si propone di integrare al suo interno nuove priorità. Non solo l’impegno a promuovere un commercio equo ed aperto, ma una decisa riduzione della dipendenza, garantendo la sicurezza delle catene di approvigionamento per far fronte a nuovi shock futuri; a partire da quello che sarà un nuovo strumento per gli investimenti strategici, finalizzato a sostenere gli investimenti all’interno del Mercato interno. La Commissione ha coniato il termine di Autonomia strategica aperta per rappresentare un sistema di governance economica globale in grado di sviluppare relazioni bilaterali reciprocamente vantaggiose, contrastando le pratiche sleali e abusi-ve, diversificando e rafforzando le filiere del merca-to internazionale. Nello stesso tempo, la protezione delle attività, infrastrutture e tecnologie strategiche UE da investimenti che potrebbero minacciare sicurezza ed ordine pubblico, ha già avuto una prima risposta nel recente Libro Bianco sulle sovvenzioni estere, pubblicato dalla Commissione. Un documento articolato che, a detta di molti, affronta con ritardo un tema essenziale per garantire il posizionamento europeo a livello globale. Un tema, quello della reciprocità e dell’apertura dei mercati, che sarà sempre più al centro delle posizioni di negoziato, nella speranza di arrivare ad un rapido accordo sullo Strumento per gli appalti internazionali; in un quadro dove acquista un’importanza centrale il rafforzamento del ruolo dell’OMC. Mai come oggi è evidente la mancanza di un consesso per la regola-zione dei rapporti commerciali mondiali. Come risulta importante per l’UE mantenere una posizione assertiva nei confronti della promozione dei valori europei (diritti umani, clima ed ambiente, diritti sociali e del lavoro, sviluppo sostenibile e uguaglianza di genere), anche in considerazione delle priorità di questa legislatura. Pochi giorni fa la Commissione ha pubblicato l’annuale rapporto sulle barriere a commercio e investimenti, che fotografa per il 2019 una situazione preoccupante. Gli operatori europei si sono dovuti districare tra le 438 barriere rileva-te in 58 Paesi, con ai primi posti, nell’ordine, Cina, Russia, Indonesia e Stati Uniti. 229 di esse ai confini doganali, per la prima volta più numerose di quelle tecniche. A quest’ultimo riguardo sono state rilevate 43 nuove misure in 22 Paesi, un terzo delle quali di carattere sanitario e fitosanitario. Alla luce dell’emergenza COVID, la situazione nel 2020 non potrà avere purtroppo che un trend crescente di misure protezionistiche, che ormai assumono una dimensione strutturale.

Fonte: Mosaico Europa 13 / 2020