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PAC, ambiente e clima: giusto compromesso?

Uno dei negoziati più difficili della nuova legislatura è ormai alle sue battute conclusive. Dopo più di 24 mesi di intense trattati-ve, che hanno comportato lo slittamento al 1° gennaio 2023 dell’entrata in vigore della riforma, la politica agricola comune (PAC) ha finalmente l’accordo politico di Parla-mento, Commissione e Consiglio. Il testo sarà finalizzato nei suoi aspetti tecnici e legali e quindi adottato definitivamente. Intorno ai 387 miliardi di euro di budget previsti (un terzo del quadro finanziario pluriennale europeo) si gioca una delle partite più importanti del Green Deal. Ad essa si aggiunge l’altra importante novità introdotta dalla precedente Commissione Juncker: la creazione di piani strategici nazionali, con trasferimento dei poteri agli Stati membri, maggiore focus sugli obiettivi e controllo della performance da parte della Commissione in base a indicatori comuni. Che fosse ormai necessaria una riforma fortemente orientata all’impatto su ambiente e clima, emerge dalla recentissima relazione della Corte dei conti europea: i 100 miliardi di euro di risorse della PAC 2014-2020, destinati a mitigare il cambiamento climatico, non hanno avuto alcun impatto sulle emissioni di gas a effetto serra, che per l’agricoltura peraltro non diminuiscono dal 2010. L’architettura verde della nuova PAC vuole essere la risposta: allineamento con la legislazione dell’European Green Deal, con le recenti strategie Farm to Fork e Biodiversità 2030, introduzione di una condizionalità ambientale rafforzata con vincoli nella destinazione dei seminativi e sostegni ad hoc. Principale innovazione saranno gli ecoschemi, meccanismo obbligatorio per gli Stati membri che premierà con contributi aggiuntivi gli agricoltori più impegnati nella rivoluzione verde. Sul budget ad essi dedicati si è consumato uno degli scontri più accesi tra le istituzioni, con un 25% della dotazione nazionale che sarà finalmente ad esso destinato. Il 35% dei Piani di sviluppo rurale sarà inoltre riservato ai pagamenti ambientali e a quelli sul benessere animale. Misure articolate, unite alla nuova condizionalità sulla tutela dei lavoratori, non sufficienti comunque a convincere il fronte agguerrito degli oppositori all’accordo. Troppi elementi non sembrano dare garanzie sul futuro: tra gli altri, la gestione nazionale degli ecoschemi, con il rischio di interpretazioni non allineate in particolare in caso di maggiori spese nel pilastro dello sviluppo rurale, riferimenti agli obiettivi del Green Deal presenti solo tra i “considerando” del regolamento sui Piani Strategici, senza un articolo specifico. Forse non si tratterà alla fine di una vera rivoluzione, ma per gli agricoltori la transizione ambientale si può dire con certezza iniziata. Un menù ricco, una grande attesa sui risultati, nella speranza di poter smentire in futuro le conclusioni della Corte dei Conti.

Fonte: Mosaico Europa 13/2021