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Intelligenza artificiale: un ecosistema in movimento

In attesa della finalizzazione dei negoziati relativi all’AI Act, una delle prime se non la prima regolamentazione al mondo sul tema, è utile provare a offrire una visione d’insieme su come ci si stia progressivamente avvicinando a questa nuova rivoluzione industriale.
Se il digitale ci obbliga a ragionare senza confini geografici, questo è ancor più vero per l’intelligenza artificiale, i cui progressi continui rischiano di sfuggire al controllo del legislatore. Ma andiamo per ordine: secondo l’AI Index-Stanford HAI la Cina è il primo Paese al mondo nel settore della ricerca sul tema (UK e Europa sopravanzano gli Stati Uniti). Gli USA sono di gran lunga i primi per quanto concerne gli investimenti privati. Tre poli con strategie diverse: la Cina, con la sua gestione fortemente centralizzata, punta a diventare leader mondiale nel 2030; gli Stati Uniti lasciano trainare l’innovazione di settore dalle Big-Tech; l’Europa si dà come priorità una regolamentazione in grado di assicurare affidabilità e una tecnologia antropocentrica. La recente “Dichiarazione di Bletchley”, nell’ambito del Summit sull’IA organizzata dal premier britannico, ha visto il primo impegno formale dei tre a stabilire un accordo condiviso e una responsabilità reciproca riguardo ai rischi, le opportunità e la collaborazione futura in materia di sicurezza. Gli Stati Uniti avevano pubblicato pochi giorni prima un Executive Order che si propone di fornire nuovi standard di sicurezza, proteggere la privacy, tutelare i diritti di cittadini, consumatori e lavoratori e promuovere l’innovazione e la concorrenza. L’AI Act europeo vedrà la luce forse entro l’anno. Condividere il percorso regolamentare anche con il colosso cinese diventa sempre più necessario. Per creare eque condizioni di concorrenza, ma soprattutto per minimizzare il rischio di danni dalle dimensioni ancora non del tutto prevedibili.
Fonte: Mosaico Europa 20/2023