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Brexit e il futuro dei programmi europei

A 1650 giorni dall’annuncio dei risulta-ti del referendum che sancì la Brexit si è compiuto il passo decisivo: un accordo di 1246 pagine, negoziato sino all’ultima ora (la questione Gibilterra è stata regolata sul filo di lana), che lascia numerose decisioni ancora aperte, in uno stillicidio che rischia di durare ancora molti anni (vedi l’esempio svizzero). Una chiusura forzata o “non chiusura” di tanti capitoli importanti (tra gli altri aiuti di stato, fisco, standard, servizi con particolare attenzione a quelli finanziari, ma anche energia e pesca), una clausola di non regressione a protezione di settori sensibili (quello sociale e del lavoro ma anche ambientale), spesso un accordo sui principi senza regole cogenti e un percorso verso il mutuo riconoscimento solo in pochi ambiti produttivi (tra gli altri medicale, prodotti chimici e organici, veicoli a motori e componenti auto) e con numerosi fronti ancora aperti. Dove si è invece tirata una linea decisa è nella scelta dei programmi europei di finanziamento a cui il Regno Unito parteciperà nella programmazione 21-27. Inizialmente era stato confermato l’interesse per Horizon Europe, Erasmus, il programma di ricerca e formazione Euratom, il reattore sperimentale termonucleare internazionale (ITER) e Copernicus, sistema satellitare di osservazione terrestre. Sul tavolo anche la richiesta di poter usufruire dei servizi di EGNOS, sistema di copertura geostazionaria di navigazione e del sistema di Sorveglianza e tracciamento satellitare dell’UE (SST). È degli ultimi giorni del 2020 la rinuncia ad Erasmus, motivata dalla richiesta di partecipare solo ad una parte del programma (impossibile per i Paesi terzi). Stessa ragione che ha chiuso le porte ad EGNOS. Un accordo finanziario, di cui sono stati fissati i principi, stabilirà la partecipazione del Regno Unito. Per Horizon Europe, un meccanismo di aggiustamento ex post bilancerà i benefici goduti dai partecipanti britannici la cui performance, nell’attuale Horizon 2020, è seconda solo alla Germania. Ma per il futuro, ogni valutazione sul Regno Unito si farà ormai nello scenario della concorrenza internazionale. Motivazione, questa, alla base dell’esclusione britannica dallo European Innovation Council e dagli strumenti ad esso collegati. D’altro lato, l’assenza in parte sorprendente del Regno Unito dal programma Erasmus apre scenari potenziali ed insperati anche per il nostro mondo dell’università e della ricerca. I 155.000 giovani che, negli ultimi 5 anni, hanno investito in un periodo di istruzione nelle università inglesi (ca. 480 milioni di EUR di contributi) dovranno ricollocarsi almeno in parte nei Paesi UE. La compe-tizione è aperta...

Fonte: MosaicoEuropa  01/21

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